In questo bellissimo articolo si evidenzia chiaramente quale sia il rapporto fra i famosi inibitori di pompa (diffusamente usati) e la flora batterica, leggendolo ci si rende conto di quanto sia necessario adoperare un giusto stile di vita per evitare il suo utilizzo, o sostenere l’equilibrio del microbiota con specifici ceppi di batteri.
La recente review, dell’aprile 2024, “Proton pump inhibitors may enhance the risk of digestive diseases by regulating intestinal microbiota” riassume le attuali ricerche sulla correlazione tra disturbi digestivi legati agli inibitori della pompa protonica (PPI) ed al microbiota intestinale, osservando quali ceppi batterici risultano alterati e i possibili meccanismi patogeni delle diverse malattie, al fine di cercare di fornire una base teorica e un riferimento per il futuro trattamento e la prevenzione delle complicanze digestive legate ai PPI sulla base della regolazione del microbiota intestinale.
Utilizzo dei PPI e principali conseguenze derivate
Gli inibitori della pompa protonica (PPI) sono attualmente gli agenti soppressori dell’acidità più utilizzati e rappresentano la terapia di prima linea per i disturbi correlati all’acidità gastrica, come l’ulcera peptica, la malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) e l’esofago di Barrett.
Sebbene i PPI mostrino eccezionali effetti di inibizione dell’acidità, vari studi hanno collegato il loro uso ad eventi avversi digestivi, come l’eccessiva crescita batterica nell’intestino tenue (SIBO) e l’infezione da Clostridioides difficile.
Taxa batterici dominanti e loro modifiche dovute all’uso di PPI
I batteri dominanti variano a seconda dei siti: i batteri aerobi gram-positivi sono le specie dominanti nel duodeno; gli anaerobi Gram-positivi/Gram-negativi e gli anaerobi facoltativi sono dominanti nell’ileo, mentre gli anaerobi obbligati, in particolare i Bacteroides, sono le specie predominanti del colon.
Dopo l’applicazione dei PPI, è stato osservato un aumento dell’abbondanza di diversi taxa, appartenenti alle famiglie Staphylococcaceae, Enterococcaceae, Lactobacillaceae e Streptococcaceae, così come alle Actinomycetaceae e Micrococcaceae nell’intestino tenue distale e nel colon cieco.
All’opposto, l’abbondanza delle famiglie Bifidobacteriaceae, Ruminococcaceae e Lachnospiraceae risulta diminuita.
Azioni dei PPI sul GI legate o meno al pH
Innanzitutto, la modifica diretta del pH altera l’ambiente del tratto digestivo, colpendo pertanto quei batteri con requisiti di pH specifici, come Helicobacter pylori: non a caso, i PPI fanno parte del protocollo terapeutico contro le infezioni da questo patogeno.
I cambiamenti del pH, però, intaccano pesantemente la barriera acida gastrica, rendendo più facile per i microrganismi esogeni o di provenienza orale l’invasione del tratto gastrointestinale.
Altri meccanismi dei PPI non dipendenti dal pH sono i cambiamenti ormonali, come l’ipergastrinemia e l’iperparatiroidismo, che influenzano l’osmolalità intestinale così come il metabolismo del calcio e del fosforo, che a loro volta influenzano la flora intestinale.
In secondo luogo, i PPI influenzano le funzioni digestive e causano cambiamenti nella composizione e nella distribuzione del contenuto del cibo del tratto digestivo; ciò può interferire con le funzioni di assorbimento dei nutrienti, alterando così la quantità o la posizione della matrice alimentare batterica e alterando profondamente il microbiota intestinale.
Complicazioni del sistema digestivo indotte da PPI
Diverse linee guida raccomandano i PPI.
Tuttavia, uno studio recente ha indicato che i PPI possono aumentare la permeabilità intestinale in condizioni di elevato stress psicologico, in più ulteriori analisi del microbiota hanno anche rivelato che una diminuzione dell’abbondanza di Bifidobacterium era molto probabilmente correlata alla dispepsia funzionale indotta da PPI, ma la stessa diminuzione di Bifidobacterium è stata osservata nel digiuno di individui con sanguinamento gastrointestinale.
PPI: come intervenire?
I bifidobatteri sono componenti vitali della normale flora intestinale e sono cruciali per la fermentazione dei carboidrati in SCFA, tra cui l’acido butirrico, che influenza la crescita e il metabolismo delle cellule epiteliali intestinali, oltre che la peristalsi e il transito intestinale.
Nel complesso, vari studi dimostrano che i PPI possono influenzare la produzione di acido butirrico e ridurre l’abbondanza di Bifidobacterium, causando così cambiamenti in negativo sia nella permeabilità intestinale, che rende la mucosa più vulnerabile, sia nella capacità peristaltica, alla base della dispepsia funzionale; tuttavia, i danni intestinali possono essere alleviati dall’integrazione con opportuni ceppi probiotici di Bifidobacterium e di altre specie butirrato-produttrici.
Dott.ssa Maria Laura Pastorino
- Biologo Nutrizionista
- Fitness coach
- Medicina sistemica – PNEI
Sono biologa nutrizionista specializzata nella Medicina Sistemica, nella Neuroendocrinoimmunologia, nel rapporto tra lo stress il sistema di reazione e tutti i cambiamenti nella composizione corporea che questo comporta.